I Personaggi

LA DONNA DELLA POLENTA

LA DONNA DELLA POLENTA

La polenta è l’alimento simbolo delle società contadine del nord Italia. Ricavata rimestando in un paiolo di rame acqua, sale e farina gialla di mais, era accompagnata da un pezzetto di formaggio o salame. Spesso, nelle dimore più umili, veniva mangiata anche da sola. Per questo la donna che la versa sul tajero, un tabiello di legno largo e tondo, per metterla in tavola, non poteva mancare nel presepe.


Sira la cuoca rimesta la polenta nel paiolo di rame e si prepara a versarla sul tajero, il tabiello di legno largo e tondo che si usa per servirla. Oltre la finestra, nella cascina dall’altra parte del sentiero, intravede suo fratello Vittorio impegnato a preparare il formaggio con il latte della loro mucca. Tra poco, anche il marito Tilio e il figlio Cesco torneranno dal bosco e allora le due famiglie si riuniranno per celebrare la Vigilia del Natale. Poi, sempre insieme, si recheranno giù in paese per assistere alla Santa messa di mezzanotte. Sira osserva l’unica foto che, assieme alla statuetta in legno della Madonna della neve, adorna la credenza sbeccata, ma pulita e ordinata. L’immagine la ritrae quando, ancora ragazza, lavorava giù al lago, all’hotel delle terme. Era incaricata di rassettare la cucina, in cui lo chef preparava pietanze delicate per stuzzicare il palato dei sofisticati ospiti venuti dalla città. Ricorda ancora tutte le ricette e anche se su nella contrada non dispone degli ingredienti per realizzarle, non demorde. E allora al posto dei capperi, mette sottaceto i fiori dei denti de can selvatici, che il parroco venuto da fuori si ostina a chiamare tarassaco, mentre con le radici tostate e macinate prepara un caffè simile a quello d’orzo. Anche del maiale non butta via niente, nemmeno la pelle, che, fritta, si trasforma in croccanti scodeghe, mentre i mirtilli raccolti dal figlioletto durante le scorribande nei boschi danno vita a gustose marmellate. Per questo i vicini continuano a chiamarla con affetto “la cuoca”.

Sorridendo Sira dà un’ultima rimestata alla polenta e la versa sul tabiello, proprio mentre il marito e il figlio rientrano in casa, le giacche coperte di fiocchi di neve fresca, e corrono a cambiarsi i calzini bagnati. Con loro viene un venditore errante. La donna gli fa segno di sedersi a tavola. Poi afferra lo spago avvolto intorno al manico del tajero, lo passa sotto la polenta calda e ne taglia una fetta abbonante. “Buone feste – dice porgendola al cromaro – e buon appetito”.

Il Presepe di Scurelle


La famiglia come cuore della comunità, il valore della solidarietà e del vivere in modo semplice, con la gioia dello stare insieme, raccontati da più di venti personaggi, tutti realizzati a mano con il legno del Lagorai. Quest’anno in Vaticano il presepe che racconta le tradizioni della Valsugana in Trentino, esempio concreto e toccante di volontariato e del legame con il territorio.




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